La fiera apriva alle nove. Un giorno, verso le nove e venti si presentò una delegazione con a capo una donna, funzionario, affiancata da un direttore di stabilimento e dal direttore di produzione. Offrimmo subito un buon caffé. Lo preferirono "corretto". Appoggiai sul tavolo un pacchetto di Marlboro, che la signora gradì particolarmente. Cominciò a fumare. Gli altri due, zitti... a mezzogiorno non avevano ancora aperto bocca, nonostante fossero i veri esperti. La signora non capiva niente di tecnica. Improvvisamente si rivolse a Vlako chiedendo un Martini. Avevamo un accordo con la vicina ditta espositrice che produceva pane. Scambiavamo le nostre buste di plastica con i loro prodotti. Prendemmo delle pagnotte, due fettine di prosciutto e salame, del Martini... Il pacchetto si svuotò rapidamente. Alla fine della mattinata la signora si era fumata due pacchetti e mezzo. Terminato il Martini, chiese altro da bere, qualcosa di più forte però. Passammo al cognac. Due ore più tardi ne erano forse rimaste due dita. Alla fine della giornata fummo contattati dai suoi collaboratori per chiudere la trattativa. Chiesero il cinquanta per cento di sconto. Io dissi che li ringraziavo, ma che, a quelle condizioni, la macchina sarebbe tornata in Italia. Mi chiesero se sapessi quanto sarebbe costato trasportarla di nuovo in Italia. Io, deciso, risposì che, sì, lo sapevo, ma non ero andato fino a Mosca per svendere. Avevamo scelto di compiere quel viaggio in URSS per far conoscere il nostro prodotto. La mattina seguente ci fu un nuovo assalto del ministero. Nuova richiesta di sconto: venticinque per cento. Fui irremovibile. La mia offerta rimaneva tale e quale. Alla fine decisero di comprarla. Costava diverse decine di migliaia di dollari. Furono così gettate le basi che ci avrebbero consentito di vendere altre sette macchine, tutte uguali, nel corso dell’anno successivo. Ahimè! Ritengo che molte potrebbero ancora trovarsi nelle casse, dimenticate ed arrugginite. Alcuni colleghi venditori di prodotti complementari al nostro raccontarono delle difficoltà a cui si andava incontro nell'ottenere i permessi di viaggio indispensabili per poter raggiungere le apparecchiature, eventualmente guaste, dislocate in punti dell'Unione Sovietica lontani dalle rotte commerciali. Quei beni, privati della manutenzione per mano della burocrazia, erano così destinati al rapido deterioramento.
Cene a non finire, ma sempre per lavoro. Vlako mi aveva consigliato di portare dei tic tac dall'Italia. Era per caso impazzito? "Le devi prendere di tutti i tipi, sia bianche che colorate. Quando si va alle cene ufficiali, loro continuano a bere, brindisi su brindisi, per quello e per quell’altro. Vodka e champagne. Poi attaccano il discorso "lavoro". Però rispettano la salute altrui. Basta dire che hai il mal di stomaco, la gastrite... queste sono le medicine (tic tac!) e loro ti lasciano perdere! Continuano a far brindisi, ma tu sei esentato dal bere." Pagavamo noi, nel nostro albergo o in ristoranti di altri hotel... burro, caviale, dolci... uno spettacolo infinito. Vederli mangiare era bellissimo. Un giorno invitammo a pranzo un importante esponente del Ministero dell’Agricoltura seguito da altri tre impiegati. Il tavolino dello stand non era molto largo. Spaghetti e olive. Loro sputavano il nocciolo nel piatto. Un nocciolo rimbalzò e finì la corsa proprio nel mio! Ero un esperto viaggiatore e non mi facevo intimorire da questi soggetti. Non capivano niente di macchine. Erano lì per mangiare.
Un mio zio è disperso in Russia. Un giorno, passando in taxi davanti agli uffici del KGB, dissi a Vlako: “Non si potrebbe chiedere…” Pedata negli stinchi! Mi fece segno di stare zitto. Tornare a casa fu una liberazione, non sopportavo più quella costante sensazione di essere osservato, controllato e "intercettato".
giovedì 29 ottobre 2009
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