Una delle gite che organizzammo fu quella ad Ober-Behrinburg, località sulla collina più alta della Sassonia dotata di favolosi impianti sciistici. Vi sorgeva la casa della mia nonna materna. Una casa incredibile: chalet in stile alpino-tedesco su quattro piani, venticinque o trenta piccole stanze, saloni al piano terra. Mia nonna proveniva da una famiglia ricca. All'avvento del socialismo le concessero di mantenere una piccola porzione della casa, una stanza grossa come uno sgabuzzino, quattro metri quadrati. Avrebbero potuto conservare molto più spazio, infatti era stata accordata la disponibilità per svariati locali. Era la casa dove mia madre, da piccola, andava a fare le vacanze, ma il disinteresse dei fratelli fece sì che, alla fine, venisse mantenuta un’unica stanza. Mia madre all'andata raccontava... "tutta questa casa, vedrai che bella, era la mia casa!" con un po’ di nostalgia. Dopo l'arrivo mi condusse in una stanzettina, bellissima, tutta in legno… piumone d’oca, faceva abbastanza freddo anche se era agosto. La cosa particolare era che in un posto come quello, non frequentato da professionisti, avevano costruito un impianto olimpionico di bob. Una cosa pazzesca! Sembravano montagne russe! Incredibili!
Al ristorante mia zia, nonostante quello che era capitato, la guerra, il socialismo, era trattata ancora come la vecchia tenutaria, come quando era ancora ricca, prima della guerra. Entrava con tutta la sua eleganza, il cameriere serissimo... con duemila lire, mangiavi dall’antipasto (cose buonissime, salumi particolari, patè spalmabili) al gulasch "mit nudeln" o "ohne nudeln" (con o senza pasta), agli gnocchi di patate di semolino, tondi, come una pallina su cui mettevano la puccia del gulasch. Bella situazione e accessibile. Dormivamo nella stanzetta... mia madre, molto commossa, mi teneva vicino ed io, incazzoso, protestavo nei riguardi del socialismo che toglieva tutta la casa per dare una cameretta in quella che era la propria casa. Mia madre diceva che non ci dovevo pensare. Guardando nei cassetti trovai almeno una cinquantina di bandierine di carta dei paesi dell'Est europeo fatte con stuzzicadenti di formato gigante. Venivano distribuite dallo Stato in occasione delle parate. Ne usai una soltanto, quella dell’Unione Sovietica, che, incazzato, appesi fuori dalla porta. Andammo a dormire... mia madre era quantomeno divertita dalla cosa. Mi raccontò che, dopo l'esproprio, vi erano tornati spesso per sciare. Mio nonno era un dentista, "Medaglia d’Oro dell’Armata Rossa", che, in guerra, aveva curato i denti dei soldati russi senza chiedere nulla. Tranne che per il periodo del conflitto mondiale si erano sempre potuti considerare benestanti e andavano persino a sciare.
L’intera vacanza trascorse tranquillamente. Non sentii la mancanza di nulla… ora che ci penso… a Dresda ci fu una discussione tra mia madre e mio fratello, a cui poi partecipai anch’io. Quel giorno, dopo aver visto i grandi viali, i negozi, i giganteschi ristoranti (tipo mensa) dove si mangiava in maniera spartana, non riuscivamo a trovare dell’acqua minerale: avevo sete, una sete tremenda, e non trovavo da bere. Bisognava organizzarsi prima, ma uno sprovveduto avrebbe dovuto fermarsi e chiedere acqua dagli abitanti di una casa. Mia madre esplose "...Incredibile che non riesca a dare da bere ai miei figli...". Mio fratello si incazzò parecchio: "Ma dài! Queste cose stupide! Qui hanno la casa, case bellissime e su queste cose stupide tu vieni a protestare…". La discussione si fece accesa e mio fratello mi guardò, certo che io, da vero duro, gli avrei dato ragione. Invece quella volta, probabilmente per la grande sete, mi schierai con mia madre.
Quando chiesi ai nostri cugini cosa facevano la sera, se uscivano per andare a bere con gli amici, a ballare in discoteca, loro risposero: "Sì, una volta in discoteca... qualche mese fa... capita."
La sera alle nove e mezza chiudeva tutto, non si andava in giro con gli amici al bar. C'erano alcuni bar, quattro, controllatissimi, tutti sapevano chi erano gli alcolizzati del bar. Normalmente la gente si alcolizzava a casa. Si viveva con un po’ di alienazione, nel profondo, in solitudine.
lunedì 12 ottobre 2009
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