Verso la fine del soggiorno, durante una normale conversazione, un paio di giornalisti russi visitatori dello stand mi proposero di uscire dai capannoni per discorrere apertamente. Volevano un invito ufficiale che gli consentisse di raggiungere l'Italia.
L’atmosfera dominante era cupa.
Nel corso di tutte le fiere organizzate in giro per il mondo avevamo stampato buste di plastica che pubblicizzavano la nostra azienda. Le buste recavano un'immagine che doveva essere studiata preventivamente. Per l'URSS, ad esempio, da un lato figurava un busto di Lenin e dall’altra un campo di fiori. Quando cominciammo a distribuirle, i visitatori si accalcarono davanti allo stand, manco fossero d'oro! Fu avvisata la vigilanza della fiera. Potemmo continuare solo consegnando una busta alla volta. Inoltre le persone si sarebbero dovute allontanare subito. I capannelli non erano graditi.
Il circo russo: uno spettacolo meraviglioso, indescrivibile! La struttura era in muratura, niente tendoni! Mi colpì il modo di applaudire della gente, un lento "clap-clap" privo di entusiasmo. Da automi. Pieno zeppo. Una tribuna enorme. Gli stranieri, quasi tutti italiani giunti a Mosca per la fiera, applaudivano più calorosamente. Una volta usciti, per disobbligarmi con Vlako e sua moglie, proposi di cercare un bar. Mi sarebbe piaciuto offrire qualcosa da bere. Lui mi guardò, fece una smorfia e si mise a ridere. Disse che per strada non esistevano bar. Ed io: "Ma come? Siamo a Mosca!" Ci fermammo davanti ad una macchinetta che erogava acqua in un bicchiere disinfettato automaticamente dopo ogni uso. Fuori dagli alberghi, niente bar!
Normalmente avevamo a disposizione una macchina. Ma una mattina, improvvisamente, si verificò la necessità di raggiungere con urgenza l'agenzia moscovita della nostra banca e l'autista era via. Non sapevamo come muoverci. Uscendo dalla fiera notammo una macchina delle "loro", con vetri oscurati, tipo vettura diplomatica, e relativo autista. Vlako si avvicinò e... per molti dollari quel tizio ci accompagnò alla banca, ci attese e ci riportò indietro, mentre il suo capo era in fiera per un appuntamento.
Molti conoscevano l'italiano. Una sera a bordo di un taxi, fumavo la mia Marlboro. Pacchetto nuovo. A destinazione chiesi quanto dovevo (ero solo, quindi con l'italiano andavo). L'autista, invece del denaro, voleva il pacchetto di sigarette appena aperto ed una penna che aveva notato. Tentai di spiegare che il pacchetto era "usato". Lui lo sapeva benissimo e disse che andava bene così.
Durante il giorno si vedeva gente che vendeva quattro cipolle e due teste d’aglio appoggiate su un cartone, roba che, se l’avessimo avuta noi in casa, sarebbe finita nell'immondizia.
Mosca era una città fantasma. Bellissima, strade larghissime, metropolitana stupenda, la più bella che abbia mai visto. Le scale mobili facevano paura... un'inclinazione da far girare la testa, lampadari lussuosi, pulizia assoluta, marmo dappertutto, meravigliosa, un milione di persone, ma tristi. Non vedevo mai la gente sorridere. In superficie questo milione di persone scompariva. Non c'era gente in giro. La polizia? Pochissima, solo nei punti nevralgici come la Piazza Rossa, a tarda notte, si poteva scorgere qualche macchina.
continua...
lunedì 26 ottobre 2009
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