Durante un'escursione ad un’altra residenza dello zar, sul golfo, fuori Leningrado, comprammo la bandiera dell’Urss, l'autentica bandiera rossa costellata di spillette che noi stupidamente staccammo. Finalmente assaggiai il buon gelato russo, anche se al mare faceva molto freddo.
La sera, stanchissimi, leggemmo ad alta voce alcuni testi in italiano per il papà di Jura, mentre lui ci registrava su cassette che, diceva, avrebbe poi consegnato ad una scuola per fini didattici. Ci domandavamo se avesse intenzione di rivenderle e l’idea ci fece sbellicare dalle risa!
Il mattino dopo, a colazione, servirono un vassoio pieno di dolci simili a crostatine di pastafrolla, con marmellata di lamponi e un ciuffo di panna montata, solo che la panna era burro: disgustoso! Non si potevano mangiare!
Provammo i semi di girasole, che ai russi piacciono tanto. Come le nostre caldarroste, si mettono in un cartoccio. Si mangiano col sale. Buonissimi.
Altra sera, altro spettacolo: messa ortodossa cantata alla Filarmonica. Super! La nonna e la mamma erano religiose, i maschi no.
Penultimo giorno. Tornammo in centro, nella strada degli artisti che facevano i ritratti (il mio dovrei averlo ancora da qualche parte...). Volevamo comprare dei regali per gli amici in Italia e ci accompagnarono ad un negozio per stranieri, dove si poteva pagare solo con i dollari. Vi si trovavano cose bellissime. Regalai sigarette al papà di Jura e rose alla mamma. Presi del caviale (una rarità) sotto banco da un ristorante.
La sera il papà raccontò dei suoi giri per il mondo e altre cose interessanti, come un aneddoto sui russi, incapaci di risolvere i propri guai:
“I russi tagliavano la legna dalle foreste e la facevano trasportare dal fiume. Siccome non erano sincronizzati, quelli che avrebbero dovuto raccoglierla a valle, non lo facevano, quindi la legna viaggiava fino alla Finlandia, dove i finlandesi raccoglievano i tronchi, costruivano i mobili che poi rivendevano ai russi.”
Aveva visitato tutto il mondo tranne l’India, il Giappone e l’Australia. Mi regalò una conchiglia che aveva ricevuto da un vecchio in Tanzania.
Giorno di partenza. Pronti ad uscire per andare all’aeroporto. Fermi tutti! Ci chiesero di sedere per alcuni secondi. Era un loro uso che avrebbe dovuto portare bene ai viaggiatori. Purtroppo il nostro viaggio non andò bene. Lasciammo Leningrado su un aereo piccolissimo insieme ad un gruppo di italiani. Sopra Mosca una voce ci informò che il comandante si apprestava a fare dietrofront a causa delle cattive condizioni meteorologiche!
Atterraggio a Leningrado. Tre ore di attesa in aeroporto, allietate da un gruppo di cubani in transito che trasportavano a Cuba assi del gabinetto, gomme delle bici e secchi di plastica (assi e gomme a tracolla). Nuova partenza per Mosca. Atterraggio alle sei e mezza del pomeriggio. Persa la coincidenza col volo Alitalia.
All’ufficio Alitalia dell’aeroporto, in chiusura, l'impiegato provò a tranquillizzarci dicendo che avrebbe mandato un telegramma in Italia ai genitori e che noi saremmo ripartiti il giorno dopo. L’ufficio transiti organizzò il transfer per l’hotel. L’autobus attraversò Mosca in piena notte. Avremmo trascorso le nostre ultime ore nell’URSS sostando in un albergo deserto, dove non c’era niente da mangiare o da bere. La mamma di Jura aveva preparato degli involtini per il viaggio che furono divisi tra tutti i presenti. Per fortuna saltò fuori del pane e salame oltre a dell'ottima limonata. Grazie alla “soffiata” di due napoletani che erano lì con noi, venimmo a conoscenza dell’esistenza di un volo Aeroflot previsto per il mattino seguente, su cui riuscimmo a riservare due posti.
1° novembre. Sulla pista di decollo i camion cisterna scioglievano il ghiaccio presente sulle ali del nostro aereo spruzzando acqua bollente.Mia mamma conserva ancora il telegramma in una bella cornice.
giovedì 1 ottobre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento