lunedì 5 ottobre 2009
32° puntata - Ernesto - parte 1/5
Le tante sfaccettature del socialismo…
La Germania dell’Est, paese
che manteneva una discreta solidità nel campo socialista, senza particolari
situazioni di degrado, abitato da un popolo che viveva con dignità nonostante
le privazioni e la denuncia di un certo malessere, teneva duro. Al tempo della
mia visita, nell’agosto del 1989, non si percepiva nulla che potesse far
pensare allo stravolgimento verificatosi alcune settimane dopo. Solo un occhio
particolarmente esperto come quello di mia madre, che conosceva, da originaria
della DDR, l’anima del regime, poteva riuscire a insinuare il dubbio partendo
da piccole cose e ce lo manifestò. Come in una particolare occasione, durante
una visita ad un suo amico d’infanzia nonché di suo fratello Stefan, Micke (che
non vedeva da quarant’anni), con cui trascorremmo un intero pomeriggio vicino a
Dresda, in una bellissima casa, come tutte le case che vidi, dotata di un
delizioso giardino. Io, mia madre, mio fratello, mio zio Stefan, Micke, due
casse di birra accanto al tavolino, all'aperto, birra Radeberger Pilsner che
lui e mio zio Stefan aprivano a rotazione, finita una ne aprivano un’altra e a
fine giornata erano finite le birre... e non erano nemmeno così alticci... come
per noi l’acqua, per loro la birra… cenno di nostra madre a cose strane. Sopra
la nostra testa, sui cieli di Dresda, passavano ogni dieci minuti gli aerei
supersonici dell’Aviazione Sovietica. Esercitazioni. La presenza militare
sovietica era imponente. Migliaia e migliaia di soldati. Passavano e
ripassavano gli aerei. E Micke, barbuto, alticcio, sudaticcio, un po’ un
chiacchierone, parlante esclusivamente un dialetto sassone strettissimo
paragonabile al nostro bergamasco dell’alta bergamasca, fece commenti sui
soldati dell’Armata Rossa, usando un’ironia del tipo: ah, bravissimi i nostri
liberatori dell’Armata Rossa che vengono qua e guardano che a noi non succeda
nulla! Salute! Prosit! Ed io e mio fratello, da buoni comunisti che andavano lì
per cercare proprio l’Armata Rossa, dicevamo: "Che bravo, pensa il
compagno Micke, che ogni volta che passano inneggia!". Mia madre poi
spiegò che le cose stavano diversamente. Era strano che nel proprio giardino,
dove chiunque poteva udire, ma anche nel proprio cesso si facssero esternazioni
di quel genere sui soldati sovietici, neanche in quel modo, che probabilmente
tutti avevano già imparato per evitare di essere sospettati di dissenso. Mia
madre ci disse a posteriori che tutte quelle affermazioni a voce alta la
facevano pensare. Qualcosa si stava muovendo. L’ironia sull’Armata Rossa ad
alta voce non era cosa appropriata. Nessuno si pronunciava pubblicamente
sull’Armata Rossa. I toni erano bassi quando si parlava di politica. Io e mio
fratello, giovanissimi, desideravamo ricercare e verificare ciò che in tanti
anni avevamo sentito raccontare del socialismo. Da comunisti, quando
incontravamo i soldati dell’Armata Rossa trasportati dai camion per le strade
tra Dresda e i paesi vicini, noi salutavamo col pugno chiuso e sorridenti quei
soldati col cappello su cui spiccava la stella rossa. Loro, anch’essi
giovanissimi, ci guardavano esterrefatti. Noi, biondi, salutavamo da una
macchina tedesca e loro ci scambiavano per autoctoni. Si stupivano del fatto
che li salutassimo con tanto entusiasmo. La gente di solito non li degnava di
uno sguardo. Mia madre ci lasciava fare, il nostro non passava per
atteggiamento ironico. Certe sottigliezze tipicamente italiane non c'erano in
Germania. Se tu mi saluti, è perché veramente mi stai salutando, dopodiché
rimane lo stupore.
continua...
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Durante una delle ultime visite di Gorbaciov a DDR Honnecker disse in una intervista, che il muro di Berlino (purtroppo!) sarà stato sul suo posto persino nel secolo XXI. Fra sei mesi soli essa sparì...
RispondiEliminaneanche Gorbaciov aveva capito cosa stava accadendo! se non hai già visto, consiglio il film tedesco Good-bye Lenin che parla della fine della DDR e fa molto ridere e dove nessuno credeva che sarebbe caduto il muro così velocemente.
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