Visitai Mosca sul finire degli anni '60 per un soggiorno di cinque giorni offerto dall'azienda presso cui lavoravo a tutti i dipendenti. Quindi quasi cinquant'anni fa. Io avevo all'incirca 45 anni. Ora ne ho più di 90! C'era ancora il comunismo. C'era Breznev. Arrivammo il 1° novembre dopo un volo con Aeroflot, durante il quale fummo trattati meravigliosamente. Almeno tre ore di viaggio da Milano. Gentilissime hostess russe servirono cioccolata e champagne. Prima dell'atterraggio ci consegnarono un modulo per la dichiarazione doganale. Chiedevano di indicare se stessimo introducendo in Unione Sovietica anelli d'oro o altri oggetti di valore. All'aeroporto non c'era anima viva, solo noi. Tutto sembrava molto ordinato. Le guardie controllarono bagagli, libri e giornali acquistati in Italia.
Dall'aeroporto verso la città, in pullman. Attraversammo quartieri con grandi case popolari. Ci fecero scendere di fronte ad un gigantesco albergo con quattro ingressi (Rossija, ndb). Era un hotel per i forestieri. Fuori dalla finestra potevo ammirare la Piazza Rossa e la Moscova! Al di là del fiume, invece, si vedeva una fabbrica. Sulla piazza fervevano i preparativi per la tradizionale sfilata di novembre. In albergo si stava molto bene. Ad ogni piano c'era una governante, la camera era accogliente e c'era un cassettino con tutto l'occorrente per cucire: fili di cotone, aghi...
Le guide, che comunicavano con noi in un perfetto italiano, ci chiesero in dono giornali e riviste. Quando provai a contattare mio marito in Italia, rimasi stupita dalla rapidità con cui ciò fu reso possibile. Meno di cinque minuti! Davvero efficienti.
Prima sera: passeggiata sulla Piazza Rossa. Il giorno dopo al Cremlino e successivamente giri in metropolitana - la nostra, in confronto, fa ridere - visita del Museo della Scienza e della Tecnica, una sera al ristorante con spettacolo di danze russe ove mi fu regalato un disco che conservo ancora. Super servizio e abbondanza. Purtroppo non fu possibile raggiungere Leningrado: arrivati in ritardo al punto di partenza, trovammo i posti occupati.
Mosca era una città molto pulita. Per terra non si vedeva neanche un fiammifero e potevi leccare il pavimento. Nel vestire si somigliavano tutti quanti. Persino i cappellini delle donne erano simili. Ricordo la grande cordialità degli abitanti e anche che persi la voce, forse per il cambiamento d'aria.
Visitammo la chiesa di San Basilio, le sue cappelle illuminate da piccole candele... una mia collega, fascista, ne accese una mormorando qualcosa come "per tutti gli italiani morti qua". Io le dissi che aveva fatto bene a mettere la candela, ma di ricordarsi che gli italiani non erano stati invitati dai russi... sono morti, poveretti, ma le proteste andavano rivolte a Mussolini che ce li aveva mandati...
Non fu possibile entrare al mausoleo di Lenin, una fila pazzesca... tutti volevano andare a vederlo, c'era gente da tutta la Russia, in viaggio di nozze. Qui da noi vanno a trovare il papa, per il viaggio di nozze. Lì andavano a vedere Mosca e Lenin.
Un paese vastissimo, la Russia, il cui popolo ha saputo dare una strigliata a quelli che se ne approfittavano per mantenerli in un cronico stato di arretratezza. Poi c'è sempre quello che se ne approfitta, ma lì, prima della rivoluzione, c'erano i servi della gleba! Tutti i cambiamenti hanno un costo molto alto, con gente pura e approfittatori. Hanno dato un bello scossone e chissà come sarebbero finiti questi russi senza un tale sconvolgimento. Sarebbero rimasti schiavi, almeno da quello che sappiamo sui contadini grazie ai romanzi...
Maestosa l'università di Mosca... sotto il comunismo studiava chi riusciva nello studio, tu potevi essere chi ti pareva... sbagliavi un anno, ok, sbagliavi due anni... via... andavi a fare altro, a lavorare... la guida, che conosceva l'Italia meglio di me, spiegò: "Qui tutti hanno diritto allo studio, non c'è analfabetismo, anche nelle campagne... chi riesce può diventare qualsiasi cosa, avvocato, ingegnere, senza aver un papà di successo".
Lasciammo Mosca uno o due giorni prima della parata. L'ultima sera ci portarono ad un "night" che offriva numeri di varietà, canzoni in tutte le lingue, ma niente spogliarelli. Ordinammo un taxi per rientrare nonostante non facesse ancora freddo.
Soldati sulla Piazza Rossa, di sera, uno dei nostri passi troppo in là e la guardia un po' rude che ci fa tornare indietro: cercai con lo sguardo la nostra guida e vidi che si era presa un bello spavento!
Il viaggio mi fece riflettere sulla libertà e sulla dittatura. La dittatura non è bella, non puoi ragionare, o la pensi così o niente e poi c'è chi se ne approfitta. Ci vuole libertà, ma la libertà deve avere limiti. Allora, una via di mezzo. La libertà eccessiva non va bene e troppe restrizioni nemmeno.
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non viene voglia di ricostruire il muro?
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