Presentazione del blog

Dall’intervista di Antonio (Mosca 1980), parlando del suo rientro in Italia:

<… Durante la lezione di geografia di una prof sicuramente poco comunista (o poco simpatizzante ogni volta che si parlava dell’Urss) sentii predicare “in Urss non c’è questo, non c’è quello… non ci sono le macchine...” e io, beato, con tutto il gusto proprio di un bambino, alzai la mano e le dissi “prof, non è assolutamente vero che non ci sono macchine, io sono appena tornato da Mosca e Le assicuro che c’è un traffico della Madonna!”. Lei rimase di sasso...>

Non cercavo soltanto un libro che descrivesse la vita quotidiana dei lavoratori nei paesi socialisti. Per me era importante l’identità dello scrittore, la sua professione.

Storico? Giornalista? Politico? Ambasciatore? No, grazie. L’autore del libro che non sono mai riuscito a trovare sarebbe dovuto essere uno come tanti, magari un operaio/a, un impiegato/a, una persona qualunque, un tipo pulito. Avete mai provato a prendere in mano i testi in commercio sull’argomento? Vi siete resi conto che sembrano fotocopiati? E continuano a sfornarne di nuovi! Vi è mai capitato di soffermarvi sulle risposte dei principali quotidiani nazionali ai quesiti dei lettori interessati alla storia del socialismo reale? I commenti sono preconfezionati! Sono sempre gli stessi! Superficiali, piatti, decontestualizzati, buoni per il “consumatore di storia” massificato. Non parliamo dei documentari. Diamine! La storia è una cosa seria. E’ la memoria! Non bisognerebbe neanche scriverne sui giornali!

Ciò che mi fa salire la pressione è il revisionismo. Passa il tempo, i ricordi sbiadiscono e una cricca di farabutti si sente libera di stravolgere il corso degli eventi, ribaltare il quadro delle responsabilità e di combinare altre porcherie che riescono tanto bene agli scrittori più in voga. Tale è l’accanimento… vien da pensare che il Patto di Varsavia esista ancora da qualche parte!

Un giorno mi sono detto: io non mi fido, il libro lo scrivo io.

Ho iniziato a rintracciare gente che si fosse recata nei paesi socialisti europei prima della loro conversione all’economia di mercato. Ho intervistato quattordici persone esterne ai giochi di potere e libere da qualsiasi condizionamento (eccezion fatta per le intime convinzioni proprie di ciascun individuo che non mi sento di classificare tra i condizionamenti). I loro occhi sono tornati alle cose belle e a quelle brutte regalandomi un punto di vista diverso da quello dell’intellettuale o dell’inviato televisivo. Grazie ad alcuni libri di economia usciti nel periodo 1960-1990, ho tentato di rispondere ai quesiti sorti nel corso delle registrazioni.

http://viaggipianificati.blogspot.com/ è l’indirizzo web dove è possibile leggere le straordinarie avventure a puntate di italiani alla scoperta del vero socialismo e delle cose di tutti i giorni. A registrazione avvenuta, è possibile lasciare un commento.

Visitando il blog potrete idealmente gustarvi un’ottima birretta di fabbricazione “democratico-tedesca” seduti in un bel giardino della periferia di Dresda, nuotare nella corsia accanto a quella occupata da un “futuro” campione olimpico ungherese, discutere coi meccanici cecoslovacchi, e… molto altro. Buon divertimento!

Luca Del Grosso
lu.delgrosso@gmail.com


Il libro "Viaggi Pianificati" è in vendita ai seguenti indirizzi:

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giovedì 14 maggio 2009

17° puntata - Franco - parte 1/2

Franco era musicista, orchestrale. Al fianco di Remo Germani (celebrità degli anni ’60, ndb), fu impegnato in una lunga tournée estiva in Romania e Bulgaria. Suonava il sassofono: contralto, baritono e tenore.

Nel 1969 fummo ingaggiati da un dipartimento del PC Rumeno che organizzava spettacoli in piccoli stadi chiamati “gradina de vara”. Partimmo per la Romania con uno spazioso furgone Fiat 238. Eravamo in sei. La qualità della benzina costituì un problema per tutta la durata del viaggio. Passata la frontiera con la Jugoslavia ed effettuato il primo rifornimento di carburante notammo, infatti, che il motore “picchiava in testa”: gli ottani erano diversi. Ma non restammo mai a piedi. Invece che a 130 viaggiavamo a soli 90 km l’ora, in discesa per giunta! La carburazione era sballata.
Al confine rumeno presero nota di tutto ciò che portavamo addosso e nel furgone. Fummo avvisati dell’obbligo di ripresentare all’uscita gli stessi beni. Avevamo preparato una lista degli strumenti musicali in cui spiccava la voce “Eco” (un effetto voce). Il doganiere domandò cos’era l’Eco e, insoddisfatto delle nostre spiegazioni, chiese di scaricare tutto per scoprirlo da solo! Ci rifiutammo con grande determinazione… in fondo era un capriccio! Mi accorsi che dal finestrino si riusciva a scorgere parte del congegno sotto il resto dell’attrezzatura e fortunatamente la guardia si calmò.
La prima tappa fu Bucarest. In un lussuoso albergo, l’Ambassador, si tenne l’incontro con l’organizzazione rumena. Ad ognuno di noi era stata assegnata una suite. L’hotel era stupendo. I pavimenti erano coperti da tappeti alti due dita, eleganti scalinate comunicavano con i piani superiori… prevalevano le tinte rosse nei tendaggi e nei rivestimenti.
Vennero a prenderci e cominciò il tour.

Prima di partire avevo riflettuto sul fatto che avrei visitato paesi comunisti, ma non credevo di poter trovare una situazione tanto brutta. Fuori dall’albergo c’era la desolazione… bambini con brufoli in faccia e visi tristi. L’impressione che ne ricavai fu piuttosto negativa.

Ci fu qualche contatto con le ragazze del posto, belle ragazze, in ordine, curate… per gli artisti è sempre stato facile trovare donne… ma passava tutto in fretta, perché si capiva che non provavano una reale attrazione verso di noi: erano spinte dalla voglia di scappare via.
Per strada c’erano quattro gatti, la macchina era un lusso. Differenze abissali, anche rispetto all’Italia meridionale… non c’era paragone e io, campano di origine, al sud ci andavo! Però il Paese era molto pulito. A Bucarest c’erano i posacenere per strada, non una cicca per terra!

I carcerati erano impiegati per asfaltare le strade. Ne vidi parecchi al lavoro. Viaggiavamo tutti i giorni per toccare mete come Sibiu, Timisoara, Brasov, Craiova, Galati, Costanza e sul percorso si potevano incontrare galeotti nella classica divisa a strisce verticali, al lavoro sotto lo sguardo attento di uomini armati di mitra, in piedi, sui camion della milizia. Era luglio e faceva molto caldo. Transitammo anche da una città dove tutto sapeva di petrolio. Qualsiasi cosa si mangiasse sapeva di petrolio. Odore di petrolio dappertutto.

Tra i nostri facchini (rumeni che montavano e smontavano l’impianto ad ogni concerto) c’era un operaio specializzato. Viveva in un monolocale con cucina in condivisione. Guadagnava due lire nonostante la qualifica e, per arrotondare, durante le ferie venne con noi a sgobbare. Ci portò a casa sua. L’appartamento era composto da un corridoio che sbucava in una cucina e da due stanze, l’una posta a destra e l’altra a sinistra dello spazio comune: i locali erano abitati complessivamente da due famiglie. Era come vivere in una pensione. Però era tutto praticamente gratis, la casa non costava niente.
continua...

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