All’aeroporto di Leningrado non trovammo nessuno ad aspettarci. Per di più sembrava che il bagaglio non fosse arrivato. Avevamo sbagliato uscita: era quella dei russi! L’esterno di sera era molto buio e completamente deserto, come una vecchia stazione abbandonata. Non avevamo né rubli né altro per telefonare. Un russo ci diede una moneta, così potemmo chiamare il papà del nostro amico. Disse che qualcuno si trovava già all’aeroporto per venirci a prendere. Nel frattempo riflettemmo sulla possibilità di cambiare soldi in nero, vista la grande convenienza. Venne un signore e si rivolse a mio fratello. Si allontanarono, scomparendo in fondo ad una scala. Io rimasi sola. Poi vidi Folco risalire con 120 rubli fruttati da appena 10 dollari, un cambio eccezionale. L’uomo l’aveva condotto in bagno e gli aveva consegnato i rubli di nascosto. Finalmente incontrammo i nostri amici. Si erano fatti prestare una macchina. La loro auto si era guastata e non avevano soldi per ripararla, pertanto era rimasta in garage. Abitavano in un quartiere che si chiamava Kupcin, nella periferia estrema di Leningrado. Palazzi enormi! Quello che ci avrebbe ospitato era un cilindro vicino ad altre quattro torri identiche. Palazzoni grigi, un po’ scrostati, con tapparelle che si staccavano, malandati, senza luce nelle scale perché in quel periodo mancavano le lampadine e la gente le rubava dalle scale. L’ascensore era fuori servizio e l'appartamento era cadente. Le piastrine degli interruttori si staccavano… panorama desolante. Stabili identici che si distinguevano solo per il numero dell'edificio. Un giorno, tornati a casa da soli, io e Folco non riuscivamo a ricordare il numero civico e impiegammo del tempo per trovare l'ingresso giusto. Non c’era niente, tutto sterrato, poco asfalto, percorsi fangosi. Era brutto, però ci arrivava la metropolitana, che funzionava benissimo e portava ovunque. La nostra fermata era a soli quattrocento metri da casa.
Il viaggio fu un susseguirsi di cose da fare. La loro ospitalità fu memorabile. Avevano preventivamente organizzato attività per tutte le giornate e tutte le serate.
Non conservo un buon ricordo del soggiorno. Ne derivarono ansie e fastidi, perché furono iperdisponibili ed ipergenerosi. Devo ammettere che mi sento ancora in colpa per questo sentimento, anche perché il periodo era terribile per i russi. Facevano fatica a trovare da mangiare e nonostante ciò si fecero in quattro per noi. Vivevano con la nonna. Questa povera nonna, nei giorni della nostra permanenza, usciva alle quattro del mattino così da poter acquistare le cose migliori. Certamente spesero più soldi di quelli di cui potevano normalmente disporre. Preparavano pasti abbondanti, ci accompagnavano a teatro, al circo…
Pranzi, cene e colazioni erano “difficili”. La mattina, in un piatto gigante, ci servivano la “kasha”, la loro colazione tipica, disgustosa, immangiabile, un semolino dolce, caldissimo, colloso, dal grande valore energetico, impossibile da mandar giù.
L'impressione del viaggio è un colore: il grigio.
Contrasti fenomenali! Da noi cominciavano a diffondersi i primi “pile”. Io e mio fratello ne portammo uno a testa, verde e verde-viola. Tutti ci notavano e non era una bella cosa, perché capitò più volte che… loro non avevano la macchina e bisognava fare l’autostop, a pagamento però (i conducenti si improvvisavano tassisti non autorizzati). Molte volte non fummo raccolti per colpa mia, di Folco e dei nostri pile che rivelavano la nostra provenienza. Ci spiegarono che la gente diffidava degli stranieri.
Grande freddo! Non avevo mai patito tanto freddo in vita mia. Nevicava spesso. E che faticate! Il mio amico era un vero camminatore... chilometri e chilometri a piedi. A fine giornata ero distrutta.
continua...
lunedì 21 settembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
"...in quel periodo mancavano le lampadine e la gente le rubava dalle scale".
RispondiEliminaIn quel periodo che durava non poco, avevo inventato a fare con una scheggia del catrame nero duro (scioglie a circa 40C, si usa nei cantieri per idoroisolare il tetto fatto dal cartone bituminato) un paio di strisce sulla lampadina, avvitata nel mio pianerottolo del ingresso, dopo di che essa continuava illuminare lo stesso, ma diventava inutilizzabile né a casa, né sugli altri pianerottoli dell'ingresso. Non с'è nessun modo di lavarla dopo né con benzina, né con acetone, ne con alcool.
"I conducenti si improvvisavano tassisti non autorizzati" - una cosa normalissima, nessun pericolo, costano circa 2 volte meno di quelli ufficiali. Bisogna mercanteggiare prima del viaggio: Sino a... (indicare via, angolo) quanto chiedi? Quanto mi dai? Quanto chiedi? Quanto mi dai? Bastano 2-4 iterazioni...
RispondiEliminaA Mosca nel 2000 presi anch'io un taxi non autorizzato, ma ero accompagnato da una russa che parlò per me. Mi sconsigliò di farlo in sua assenza.
RispondiEliminaLa ragazza aveva la cintura nera in karatè? Ti avrebbe protetto in caso se l'autista d'aggredisca?
RispondiEliminaIl fatto è che quando vedono uno straniero, ti caricano subito il doppio. Meglio, che il tassi lo prenda un russo, si metta d'accordo sul prezzo con l'autista, e poi puoi andare con lui anche da solo.
non era cintura nera di karate ma era molto sicura di sè.
RispondiEliminail taxi lo ha pagato lei, così non ho preso fregature!