Davide ha visitato la Germania Est, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia in varie occasioni tra il 1982 e il 1987. E’ uno degli ispiratori di quest’opera e il protagonista della prima intervista. Stasera è grande l’emozione per entrambi, nella piena consapevolezza di iniziare un importante lavoro di salvaguardia della memoria.
Io sono di Sesto San Giovanni, “Città Medaglia d’Oro per la Resistenza”, che era (ed è ancora) gemellata con la città ceca di Gottwaldov, ora Zlìn. I cechi venivano a Sesto tutti gli anni, il 25 aprile, per il trofeo della Resistenza, una competizione di livello internazionale organizzata dal Geas (storica società sportiva sestese, ndb). Noi ricambiavamo la visita a dicembre. Era emozionante! Nella lista degli invitati provenienti dall’Europa Occidentale figuravamo soltanto noi italiani di Sesto e gli svedesi, che festeggiavano Santa Lucia. Il blocco comunista, invece, era presente al completo. Ci si divertiva parecchio! Ai miei tempi si affrontavano rappresentative di Paesi come Cecoslovacchia, DDR e quindi campionesse del calibro della fortissima Kristin Otto (vincitrice di sei medaglie d’oro a Seul ‘88, fonte Wikipedia).
Questi viaggi occuparono un lungo periodo della mia adolescenza, ben cinque anni, a partire dall’ultimo anno di scuola media.
Prima di ogni partenza si doveva affrontare la questione dei visti. Alla trafila pensava il Geas. Quando si andava in aereo in Germania Est non c’erano mai problemi. All’arrivo non si facevano lunghe code. Diversamente, quando si gareggiava in Cecoslovacchia (e si andava col Ford Transit, due giorni di viaggio per arrivare a Gottwaldov con sosta a Vienna per dormire) potevano sorgere complicazioni. Una volta fummo trattenuti alla frontiera austro-cecoslovacca per tre ore: ad animare una landa desolata c’eravamo solo noi e dei corvi e … un freddo terribile!
Portavamo vini, Cinzano, Martini appositamente per le autorità: il nostro accompagnatore donava queste bevande ai dirigenti delle società straniere. L’alcol di tutti i tipi era gradito. Solitamente ci lasciavano un giorno libero per visitare la città ospitante.
Nell’82 a Gera (DDR) alloggiammo in un classico hotel internazionale, il “Mosca”. All’ultimo piano si trovava un “night”.
Di sera non c’era in giro nessuno (comunque era inverno, noi andavamo sempre d’inverno, se si esclude il viaggio a Berlino Est che si svolse ad agosto) e gli unici capannelli di gente si vedevano fuori dall’hotel internazionale, di fronte al quale si riunivano gruppi di ragazzi e ragazze che parlavano con gli stranieri ospiti dell’albergo, per fare amicizia o il cambio valuta. Nel piazzale antistante l’hotel si trovava sempre gente. In giro, no.
Quell’anno conobbi due giovani nuotatori polacchi i quali mi parlarono ininterrottamente di Solidarnosc per quattro giorni. Cercavano di farmi capire le ragioni della lotta. Erano miei coetanei, avevano 13 anni. I problemi della Polonia li conoscevo grazie al telegiornale. Capivo che stava accadendo qualcosa di speciale nel blocco sovietico, però non ero in grado di mettere a fuoco il problema.
Alle gare gli spalti erano pieni. Rimasi colpito dalla modernità e dall’efficienza degli impianti di quelle città… impianti che Milano nel 2008 ancora non ha: vasche coperte da 50 metri, spazi ampi, tribune, palestre. Noi abbiamo solo il calcio, a Milano. Io mi allenavo in zona Mecenate, dentro un “pallone”, col buio, l’umidità. All’Est avevano le vetrate tutt’intorno, impianti chiusi… faceva più freddo, lo so, la piscina restava coperta anche in estate, però…
In una circostanza ci fecero notare la differenza, un anno in cui, da ospitanti, gareggiammo in una piscina di Sesto col canalino laterale di scolo, stile anni ‘50: una tomba. Quando possibile, le gare si tenevano al Saini, perché all’aperto le differenze si notavano meno: all’aperto, anche se era solo il 25 aprile!
A Berlino Est la società ospitante mise a disposizione una ragazza per accompagnarci in un giro della città. Parlava anche italiano. Raccontò che dovevano trascorrere cinque anni dalla domanda prima di poter acquistare un’automobile, che non bisognava tirare pugni troppo forti sulla carrozzeria perché era fatta di pezzi di cartone pressato, che lei conosceva le macchine dell’Ovest e quelle dell’Est erano una cosa inaccettabile. Berlino Est era bella, ordinata pulita. A Berlino Ovest, invece, c’era gente che non avevo mai visto prima, conciata, del tipo “ragazzi dello Zoo di Berlino”. In metropolitana passammo da Est a Ovest e viceversa, usando il medesimo convoglio e giunti alla fermata posta ad Est fu necessario mostrare documenti e Pass per il controllo di frontiera.
continua...
lunedì 30 marzo 2009
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leggerei per ore..................questo libro si divora!
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