Diverse persone mi hanno chiesto dell'origine del mio interesse per l'argomento "Paesi Socialisti", "Paesi dell'Est". Senza toccare le questioni storiche e politiche, che vengono doverosamente approfondite nella parte finale del libro (non presente sul blog), vorrei provare a chiarire questo aspetto partendo dalle mie più profonde convinzioni. Non avranno validità scientifica, ma sono sicuro che in tanti ci si ritroveranno.
Tutto ha origine dal malessere che provo nell'osservare la società in cui vivo. Il raggiungimento della stabilità economica e sociale è appannaggio di un numero esiguo di individui che, insieme alle briciole, lasciano per la moltitudine degli esclusi un pesante carico di preoccupazioni. Viviamo nella paura di non riuscire a tirare avanti, di finire in mezzo ad una strada, di restare poveri, magari malati e... soli. E' ridicolo che il livello generale di progresso da noi raggiunto non permetta un miglioramento delle condizioni di vita che apra la via ad una sempre più libera espressione delle capacità di ognuno di noi. Abbiamo da mangiare, ma la maggior parte delle persone non può prendere fiato neanche per un istante. Chi si ferma è perduto. Io dubito della reale necessità di impostare la propria vita sui binari dell'efficientismo. E' un trucco per distrarci dalle cose belle che vedremmo se ci muovessimo ad un ritmo "naturale". Gli oppositori di questa linea di pensiero ribattono che il progresso non è arrivato con la siesta, ma col duro lavoro, con la concorrenza e anche con la guerra.
Secondo me è solo una questione di velocità. I risultati, prima o poi, arrivano comunque.
Senza dimenticare che l'attuale abbondanza di beni a disposizione non è soltanto un successo del capitalismo. I costi si pagano lontano dai centri commerciali, dove l'occhio non vede...
Credo che l'idea di uno Stato capace di garantire la soddisfazione dei quattro fondamentali bisogni (casa, lavoro, studio, salute) sia attuale, realizzabile ed il sostegno ad essa debba essere prioritario. Mi affascina il pensiero di svegliarmi in un luogo dove, accontentandomi di una minima quota di risorse, anche inferiore ai mille euro mensili che mi sto facendo bastare da anni, risulti possibile dedicarsi alle cose belle della vita (dallo scegliersi un lavoro che permetta di dare il meglio di sé al perfezionamento delle conoscenze, dall'accesso ai campi di sviluppo delle arti alla loro libera fruizione) senza doversi preoccupare soltanto di iniziare un mutuo per lasciare la casa ai figli. Per come vanno oggi le cose, i nostri figli per mangiare dovranno vendere le case pagate dai padri.
Le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere di socialismo reale sono svariate. Fondamentalmente non amo le opere degli intellettuali che difendono a spada tratta il liberismo perché da essi ritenuto un male minore e che di conseguenza sfornano libri in serie per demonizzare la controparte, anche quando questa è confinata nel passato o si palesa per ipotesi.
La storia è una cosa complessa. Non basta l'apertura di un archivio segreto per impostare una corretta lettura degli eventi. Per molte "penne" italiane invece sì, nel segno del: condannare l'incomprensibile, però solo a casa degli altri. [LDG]
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