"Paesaggio quotidiano": una ragazza tedesca su un pullman con un sacchetto dell’Esselunga, giallo, di plastica, indossato come se si fosse trattato di una borsetta di lusso! Era l’unica borsa dell’Esselunga presente in città. Non c’erano sacchetti di plastica. Si andava a fare la spesa con la propria sporta. Le cose acquistate venivano confezionate in splendida carta riciclata, quella che, se si guarda bene, è fatta di tanti pallini di colori diversi. Un paese senza borse di plastica è un paese straordinario! Anche la carta igienica era diversa, non era mica bianca: era carta riciclata versione carta vetrata, beige, che raspava, come la carta dei quaderni che non era di grandissima qualità, era riciclata anche quella. Le bottiglie erano tutte quante (più o meno) uguali, non c’erano le differenze che conosciamo noi. Le nostre birre sono tutte diverse. Nella DDR tutte le birre erano contenute da un unico tipo di bottiglia, cambiava solo l’etichetta, poi il vetro veniva riciclato come vuoto a rendere. Il latte era dentro la bottiglia di vetro, come lo yogurt e il latte al cioccolato: stessa bottiglia, senza etichetta, dentro bellissime cassettine di metallo. Al supermercato bisognava agitarle per capire se si trattasse di latte o di yogurt. Non si vedeva pubblicità in giro, ad eccezione di qualche scritta propagandistica. Era piacevole gironzolare, i nostri occhi intossicati si riposavano. Si vedevano case, vie e persone senza il disturbo della pubblicità. Le case non erano sgarruppate. Era come fare un viaggio indietro nel tempo, nell’Italia degli anni Sessanta. Arretrato, ma non brutto, non squallido. Ragazzini con il pettine inserito nella tasca dei jeans, il pelo intorno al volante di "macchinette" (Trabant, ndb) quasi tenere, senza alcuna varietà, un po’ ridicole. Essere semplici non vuol dire essere disonorevoli. Abituato all'abbondanza, alla sovrabbondanza, conscio della varietà inutile degli anni Ottanta, forse avrei potuto vivere bene anche lì. C’erano ragazze ungheresi molto carine, ventenni... ripensando al loro modo di fare... non mi sembravano scontente, né oppresse. Erano persone normali e non c’era chissà quale gap tra noi e loro, non si lagnavano mai. Un professore dell'Institut un giorno narrò alla classe l'intera storia della Germania Est. Era uno di quelli che ci credeva. Dava la spiegazione ortodossa del perché era stato costruito il Muro, del perché ad un certo punto erano stati messi brutalmente dei confini con l’Ovest. Raccontava con sincerità, senza termini ideologici, la sua convincente versione, basata sulle date. Ad un certo punto la Germania Ovest aveva chiesto di aderire alla NATO, suscitando apprensione oltre a non pochi interrogativi nella parte orientale che disse: "Allora aderiamo anche noi alla NATO!" La risposta fu: "No, voi non potete." La riforma monetaria occidentale (1948, ndb) fu accolta come una grande provocazione. Quelli di Berlino Ovest andavano ad Est a fare la spesa, mentre quelli dell’Est in possesso di una certa qualifica partivano per sempre. Vennero a mancare di colpo i medici, gli ingegneri, altri professionisti. Furono obbligati prima ad imporre il "Blocco di Berlino" (primavera 1948 - primavera 1949, ndb), poi a costruire il Muro (1961, ndb).
Nel 1988 soggiornai nella regione dei laghi a nord di Berlino, in una sorta di campeggio internazionale per ragazzi. Mi innamorai perdutamente di una kazaka, Yelena. Viso mongolo, occhi chiari, molto carina, capelli biondo-platino decolorati. A causa di alcune sfavorevoli circostanze entrò in crisi la mia speciale considerazione nei riguardi del "mito socialista". Mi chiesi perché dovessimo stare divisi. Io non parlavo una parola di kazako e lei non parlava altro che kazako. Niente di compromettente, eravamo ancora giovani, ma che sbandata! Il problema si percepiva nettamente già in campeggio. Una ragazza tedesca di vent’anni, nostra accompagnatrice, spesso diceva: "io studio francese, ma Parigi non la vedrò mai." Non era contenta. A differenza delle altre volte sentii che c’era qualcosa che non mi convinceva, nel fatto del non potersi muovere... vigevano restrizioni per il bene del popolo, per non lasciare che fosse contaminato dal morbo del consumismo. Ma così non andava.
La delegazione ripartì senza di me. Mio fratello aspettava che lo raggiungessi a Berlino Ovest. Ci arrivai in metrò e vidi per la prima volta il Muro. Guardavo al di là del confine e pensavo alla kazaka, pensai che non l’avrei più vista. A casa, servendomi di un dizionario di russo provai a scriverle mettendo insieme le parole. Puntavo a procurarle un invito formale. Molti mesi dopo mi fu recapitato, con mia grande sorpresa, un suo telegramma. Ma io ero già cotto di un’altra.
giovedì 3 dicembre 2009
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